Editors

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    Anticipato dai singoli Heart Attack e Karma Climb, EBM è il primo disco uscito dopo l’ingresso ufficiale nella formazione inglese – capitanata dal carismatico frontman Tom Smith al quale si aggiungono Justin Lockey, Elliott Williams, Russell Leetch e Ed Lay –  di Benjamin John Power aka Blanck Mass, già membro del duo electro-noise Fuck Buttons, dopo una collaborazione di oltre cinque anni che era culminata nella partecipazione come produttore aggiunto sul disco precedente “Violence” e nella pubblicazione di “The Blanck Mass Sessions”, contenente le versioni dei brani realizzate durante le sessioni di registrazione svolte insieme.

    Un disco che ha già raccolto il consenso di pubblico e critica: EBM riporta la band a fare ciò che faceva al meglio, al tempo stesso spingendo le cose avanti (NME). E ancora: espandersi verso nuovi suoni è tutt’altro che facile, ma EBM rappresenta una transizione senza soluzione di continuità di generi. Gli Editors riescono ad adottare un approccio industrial pur mantenendo i loro sound passati, dando vita a momenti che fondono sperimentazione e incorporazione (Consequence of Sound).

    EBM inaugura dunque la nuova era di una delle band più rilevanti, intriganti e durature della scena inglese. Una band che, in ben 17 anni di carriera, non si è mai fermata.

    L’album conferma infatti la tendenza al cambiamento e alla ricerca sonora, a partire dal suo titolo: EBM infatti non è solo l’acronimo di Editors e Blanck Mass, ma anche un riferimento voluto alla Electronic Body Music, il sound nato negli anni Ottanta e che ha enormemente influenzato il nuovo materiale del gruppo, dove i synth industrial sulla falsariga di gruppi come Nitzer Ebb, Front 242 e D.A.F. martellano pesantemente fra luci stroboscopiche, macchine del fumo e l’odore del cuoio e della pelle.

    L’ingresso di Power nella band ha significato inoltre che, per la prima volta nella storia degli Editors, la scrittura dei brani non è partita dal frontman Tom Smith, che ha definito l’innesto di Blanck Mass “una botta di adrenalina nel nostro processo creativo”. L’occasione quindi per mescolare nuovamente le carte e per raggiungere un punto di incontro del tutto inedito fra l’anima più pop di un produttore noise e le radici goth-rock di una band capace di riempire gli stadi.

    Gli Editors non sono mai rimasti fermi a livello creativo e, sin da quando hanno mosso i primi passi come semplice band composta da amici di università a Birmingham, hanno sempre cercato di sorprendere e di non scrivere mai album prevedibili, senza paura di spiazzare il proprio pubblico.

    Se con i primi due splendidi album – l’esordio “The Back Room” del 2005 che ricevette una nomination per il Mercury Prize e il secondo “An End Has A Start” (2007) capace di raggiungere la prima posizione delle classifiche britanniche – la band di Tom Smith era stata inserita nel novero delle band indie rock anni Zero (Franz Ferdinand, Bloc Party, Interpol), già dalla svolta synth di “In This Light and on This Evening” del 2009 è apparso chiaro a tutti che gli Editors non potevano essere incasellati in un unico filone musicale.

    Indie rock, post punk, new wave, synth pop, canzoni da stadio: la band inglese ha messo insieme tutto questo con personalità, in vent’anni di carriera vissuti sempre ad altissimi livelli creativi e di riscontro del pubblico. Non a caso tutti i loro precedenti album sono stati in Top 10 UK, e  due si sono piazzati al #1. Il loro ultimo tour nel 2020 li ha visti esibirsi all’OVO Arena di Wembley per il più grande show da headliner di sempre, dimostrando così quanto il loro pubblico sia sempre stato in costante crescita. Hanno sempre riscosso grande successo anche dall’altra parte del canale, con date sold out e performance da headliner a diversi festival in Europa e nel mondo. Il segreto della loro longevità potrebbe essere la capacità di evolversi continuamente nel sound, pur rimanendo sempre ben radicati alla loro visione, come hanno dimostrato ancora una volta con EBM.