Goat

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    Non vi è alcun legame diretto tra la misteriosa band psichedelica degli svedesi GOAT ed il venerato maestro argentino di realismo magico Jorge Luis Borges. Eppure la loro missione sembra essere lo stessa: Borges ha creato le sue idee attraverso curiosità storiche raccolte in tutto il globo (duelli di gauchos con coltelli sulle pianure del Sud America, eresiarchi mediorientali che pianificano tradimenti in biblioteche segrete, pirati cinesi che ingaggiano guerre contro l’imperatore), il suono dei GOAT è la manifestazione sonora di tutto ciò, come emerge nel loro album di debutto World Music, che mischia con grande personalità afrobeat nigeriano, krautrock tedesco, funk anatolica, fusion esotica e una miriade di micro-nicchie musicali da tutto il mondo, in un rito allucinatorio delle diverse manifestazioni del rock. La sperimentazione, il tribalismo elettrificato e le composizioni lisergiche di World Music hanno generato inevitabili domande e la verità è diventata ogni volta più intricata quando lo sfuggente collettivo forniva le sue criptiche risposte.

    Sul palco indossano maschere e costumi perché sanno perfettamente di essere riconosciuti in tutto il mondo non per l’aspetto ma per la musica che fanno, e le singole identità coinvolte nel progetto rimangono avvolte nel mistero: il portavoce della band sostiene che il gruppo è semplicemente un collettivo multi-generazionale di musicisti proveniente dalla comune svedese di Korpilombolo, paesello di 548 anime situato all’estremo nord del Circolo Polare Artico, incrocio di popolazione indigena dei Sami, di coloni scandinavi e di alcune rare infiltrazioni di gente di passaggio.

    La segretezza dei singoli membri non permette di accertare o negare le affermazioni della band. E ‘quasi come se i GOAT stessero prendendo spunto dalla breve novella di Borges’ “Tlön”, in cui una enclave clandestina di intellettuali infiltrava le proprie ideologie eretiche nel pensiero comune attraverso un passato inventato; i GOAT vogliono rivitalizzare la musica rock sposando il concetto di tribale alla musica da dancefloor.

    In definitiva, è la musica dei GOAT a parlare più di loro, e, sul loro secondo album Comune (Recordings Rocket, Sub Pop in USA & Stranded in Scandinavia), la band esplora nuovi territori fatti di groove acidi e percussivi, incantesimi ipnotici e serpentine linee di fiorite chitarre orientaleggianti. Comune ristabilisce il contatto con ritmi trance e con le fiammate esotiche di chitarra, scavando in territori più scuri e propulsivi. Dato il lessico e la scelta iconografica della band, sembra si stia tentando di proiettare il ritualismo pagano nei suoni evocati dal collettivo, ma la band afferma invece che l’album sia la ricerca di una spiritualità più universale.

    “GOAT (la capra ndt) è soprattutto un simbolo di sacrificio. Sacrificare l’individuo per diventare un tutt’uno con il resto dell’umanità e dell’universo”, ha dichiarato un membro senza nome e in una rara intervista. “Parliamo spesso di come tutta la musica sia world music e di come tutte le altre distinzioni di genere siano superate. Tutto quello che puoi sentire è una vicinanza universale tra tutta la musica. La musica di qualche vecchio culto nel nord della Svezia potrebbe provenire da ovunque.”

    E con questa filosofia GOAT suonano la loro musica fatta di incroci e misticismo e girano il mondo calcando i palchi dei miglior festival europei ed americani (Glastonbury, Coachella, Latitude Festival…), ospiti per una UNICA DATA ITALIANA a TODAYS, con un nuovo singolo appena pubblicato I Sing In Silence” (Sub Pop), anticipatore di nuovo materiale in prossima uscita.

    E mentre non vedremo mai le facce dei GOAT sulla copertina di una rivista patinata, i loro scongiuri inebrianti sono pronti a infiltrarsi nella nostra psiche collettiva con il magico fascino sovversivo di una favola di Borges. Assolutamente imperdibili!