Rose City Band

    Rose City Band

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    Gli spazi aperti dell’ovest americano e gli spiriti liberi che lo chiamano casa. Questo è il panorama in cui si staglia il progetto dell’acclamato chitarrista e cantante Ripley Johnson, Rose City Band, che si è esteso oltre lo studio e vive in tandem sotto forma di un ensemble dal vivo con alcuni dei migliori musicisti del rock contemporaneo: il chitarrista pedal steel Barry Walker, il tastierista Paul Hasenberg, il bassista Dewey Mahood ( aka Plankton Wat) e il batterista Dustin Dybvig. 

    Garden Party è una celebrazione dell’estate e di tutto ciò che rappresenta: incontri frequenti, tregua offerta dalla natura e apprezzamento per la bellezza nella sua forma più semplice, dai girasoli alti 12 piedi a una carota storta piantata in primavera. Libertà, appagamento e gioia sono le fonti d’ispirazione principali di queste canzoni. Dagli impennati assoli di chitarra, ai ritmi trascinanti, dalle eleganti linee pedal steel ai groove dell’organo, Garden Party ha l’energia di una band dal vivo condensata in sopraffini dettagli.

    All’inizio, la Rose City Band si è concentrata su ciò che il cantautore Johnson definisce “musica da porticato”. Registrato in gran parte al Center for Sound, Light, and Color Therapy di Portland e mixato da John McEntire, in Garden Party compaiono come ospiti anche gli altri membri dei Moon Duo: John Jeffrey alla batteria e Sanae Yamada ai sintetizzatori, così come tra gli artisti dal vivo sono presenti Hasenberg alle tastiere e Walker su pedal steel. Nonostante siano registrate principalmente come attività da solista, le tracce di fatto catturano l’essenza di un ensemble, con un cenno a band come i Grateful Dead e non solo. 

    Le canzoni non saranno veramente finite finché non le suoneremo in tour“, dice Johnson. 

    L’attitudine spensierata di Garden Party è si dipana tra svolte sottili e gemme melodiche, che spingono lo spirito con fare accomodante verso la trascendenza. L’interazione delle chitarre di Johnson e Walker è radiosa. Nella traccia di apertura “Chasing Rainbows“, ci sono le due linee principali che si muovono avanti e indietro, intrecciandosi accuratamente l’una nell’altra prima di unirsi in un intreccio unico e vibrato. “Slow Burn” spinge il caratteristico suono cosmico di Johnson fin nelle radici della terra, distorcendo fraseggi più radicati e curve casalinghe attorno alla vivace sezione ritmica. La profondità di Walker come suonatore di pedal steel si mostra in tutta la sua ricchezza, ballando in tandem con la voce di Johnson. Il fulcro dell’album “Porch Boogie” è stato pensato per l’ensemble dal vivo mentre Johnson era fuori per una delle sue passeggiate, con in mente solo idee ritmiche per un andamento esteso su cui il gruppo poteva allungarsi e rilassarsi. I cambiamenti di tono e di atmosfera sulla transizione di “Mariposa” e “Moonlight Highway” in “El Rio” sono indice delle direzioni espansive e inaspettate su cui la Rose City Band è in grado di vagare, mentre i musicisti si avvicendano tra teneri ballate, divagazioni folk e riff saltellanti. Lo sfrigolio di “Moonlight Highway” traduce l’energia imprevedibile e rinvigorente dei concerti su strada della band in una canzone fatta su misura per ballare, punteggiata dalla scintillante luce stellare dei viaggi notturni attraverso il paese.

    Come tutta la grande musica, Garden Party colpisce al centro emotivo dell’ascoltatore e lo porta nel suo posto felice, il suo posto al sole. L’album è un invito a ricalibrare, una corsa gioiosa in cui i suoni della band ti avvolgono e ti abbracciano. Ripley lo dice meglio: “Mi piace sempre quando un album inizia in un posto e finisce in un altro” E infatti Garden Party è da ascoltare così: come un viaggio soleggiato. 

     

    Fabio De Marco – fabio@dnaconcerti.com