Tarwater

    Tarwater

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    Duo di culto fino alla metà dei Duemila su Kitty YO, fiore all’occhiello del Morr sound a cavallo tra il 2005 e il 2007, i berlinesi Tarwater hanno disegnato, parallelamente a una compagine più allargata musicisti tedeschi e non, un proprio modo di traghettare le passioni giovanili (il post punk più elettronico, il kraut rock) alla fascinazione techno (nonché ai lavori di sonorizzazione per cinema e teatro) in un’indietronica visuale fatta di folk/pop/reading e fiera germanicità. Nei Noughties hanno assistito all’opus e al declino del genere che avevano contribuito fortemente ad imporre e deciso di continuare per la loro strada stoici, rilassati, seduti su un filo di depressione ma caparbi, a loro modo entusiasti, pronti a soppesare nuovamente l’intingolo, togliendo, dosando, aggiungendo nuovi e vecchi elementi.

    Accasati nella tedeschissima Bureau B (Faust, Kreidler, Cluster, Roedelius…), Ronald Lippok e Bernd Jestram, coadiuvati da un musicista Klezmer come Detlef Pegelow conosciuto ai tempi di Ornament & Verbrechen (1980-1983), arrivano dunque all’undicesimo album sulla scorta di una sintesi sonora che conserva tuttora il fascino dell’artigianato di qualità e un’indubbia weltanschauung.

    Mettono tra parentesi il pop e gli spazi aperti americani di Spider Smile, i Tarwater di Inside The Ships. Si dedicano un suono elettroacustico maggiormente pastoso, intarsiato di nuovi elementi “brass” apportati, appunto, da Pegelow. Lungo la tracklist s’infilano tuba, sassofono, tromba e trombone, tutti ottimamente trattati e fusi da un mix che ne esalta la tattilità. Il jazz dunque, s’avvicina alle squadre kraute, alle drum machine, ai synth e ai vocoder e, naturalmente, alla chitarra 80s di Jestram.

    GRAZIE A SENTIREASCOLTARE

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